lunedì 3 marzo 2014

ME TUMBLR

Dicono che il blog è morto. Allora mi sono fatto un tumblr. Dove scrivo cose un po' off.

http://marioplanino.tumblr.com

giovedì 28 novembre 2013

QUANDO I BAMBINI FANNO OH (senticheppuzzascappanoancheicani...)


Quando i bambini fanno "oh". Che meraviglia. Me le sono sognate stanotte, le creature juventine. Sarà che son stato a Torino 'sti giorni, affogando nell'invidia per una vivibilità sociale che da noi, in una Napoli allegramente moribonda, continuano a spacciare per tristezza. Me li sono sognati tutti, dicevo, i tifosi juniores che domenica riempiranno le curve squalificate per il razzismo dei loro genitori. Quelli buoni in quanto bimbi, pronti a supplire per definizione il vuoto lasciato dagli animi corrotti degli adulti. Ne ho ascoltato l'eco, le voci bianche (e nere) che d'un tratto a partita iniziata cominciano a cantarcela, a tutti: "Napoli colera, siete la vergogna dell'Italia intera". Minori impuniti, impunibili in quanto minori. Magari per iniziativa dei cattivi maestri, emigranti del sud, che prendono la palla al balzo (su cross della Figc, assist di Tuttosport) e catechizzano i teneri virgulti: "Guagliù, domenica li prendiamo tutti per il culo". Perché va bene tutto, ma i bambini non si toccano, tantomeno si azzardi il marketing della nuova retorica pallonara. Sì, quella che prima ha provato (con grandi mezzi mediatici) a far passare la traduzione di "colerosi" in sfottó tagliato a sottili strisce di ironia. E che poi, a squalifica implacabile, ha provato a sintetizzare la merda nel laboratorio posticcio del potere. Riuscendoci alla perfezione, anche grazie alla sponda del napoletano puzzolente (lui sì) che si copre della merda di cui sopra con la grazia del coglione professionista.
Ebbene, un solo grido un solo allarme: in curva ci sono i bambini, e i bambini cantano la discriminazione territoriale come i grandi. I have a fucking dream.
Pensa che bello. Migliaia di bambini ribelli, che urlano la sconfessione della ribollita morale. Un coro con effetto ribalta. Mica la finta ironia dei "nostri" ultras che replicarono anche in curva B i canti del razzismo autoinflitto. Mica quel maldestro tentativo di coprire il sudiciume di interessi "mafiosi" con la storia del libero tifo in libero stadio. La chiusura del cerchio sarebbe, altroché. Perché dopo i bambini non c'é più nulla. Armi finite, maschere a terra, mani in alto, ognuno a fare i conti con le proprie vergogne. C'è, al massimo, l'utopia di una società illuminata che rinneghi i suoi stessi tifosi, e che paghi le loro colpe dicendolo forte e chiaro: gente che canta robe così fa schifo. Chiudendo la sua curva di sua spontanea volontà, senza imposizioni dall'alto. Magari sol perché quella curva si chiama "Scirea". Per rispetto. Un sogno, appunto.

martedì 26 novembre 2013

O' CATENACCIO

Ora, fatemi il piacere, in Europa dimenticate di essere "europei". Per una sera scordatevi o' tik tak, sta frenesia di fare il Barcellona ad ogni costo. Lasciate a Napoli l'ansia del bel gioco, ve lo do io lo schema per il Borussia: 8-1-1. Magari un paio di lezioni fatevele dare dalle cheerleaders, vi mettete l'un sull'altro, una difesa a castello sulla linea di porta. Voglio una barriera senza vanità, pura essenza di cazzimma. Voglio il catenaccio. E lo voglio brutto. E lo voglio orgoglioso, ostentato. Voglio dire alla Champions: "Andiamo a Dortmund per lo zero a zero". Senza giri di parole, senza giri di palla. Si può soffrire, come ai bei tempi. C'è tutta un'epica del fango e del sangue, forse anche più nobile dei merletti tanto di moda di 'sti tempi. Non c'è niente di male a snaturarsi, all'evenienza. Anzi, lo impone la maturità. La saggezza di saper riconoscere il momento del ridimensionamento, adattarsi per sopravvivere. Si evita il cortocircuito: fare i belli quando non serve puzza di boria da pezzente sagliuto. E invece questa qualificazione è già meritata, già guadagnata, è nostra.  Tocca solo sporcarsi, una volta ancora, una volta di più. Non ho voglia di uscire a testa alta. Ho voglia di entrare a testa bassa. E di restarci, in Europa. Senza fare troppo gli "europei".

mercoledì 12 giugno 2013

NAPOLI CHIUSA PER ALBERI

Chiuso per alberi. La grande vendetta è cominciata. Fottuto verde pubblico, la pagherai cara. L'ombra incombe dall'alto, e ora vale come avvertimento: la frescura è la faccia sorridente di un mostro che sta per abbattersi sulla vostra testa. Per cui segnatevelo: l'unico che pagherà la tragedia di via Aniello Falcone è il solito indifeso albero cittadino.
Hanno già cominciato, sull'onda dell'indignazione ad ore: se ieri ai giardinetti di via Ruoppolo, al Vomero, i vecchiarielli giocavano a bocce, oggi no: c'è il pino assassino, si transenna. Pericolo. Poche ore fa non c'era, ora sí. Deve trattarsi della traduzione partenopea dell'effetto farfalla, della "dipendenza sensibile alle condizioni iniziali" applicata alla cronaca, visto che a Napoli la teoria del caos si fa pratica quotidiana.
E così da anni i viali alberati che una volta sancivano l'estetica della borghesia vomerese vengono falciati a capocchia da ditte di boscaioli improvvisati. Senza scienza, senza modi, senza tempi. La potatura dei platani a motosega, fuori stagione tagliando per tagliare. E cosí dobbiamo tenerci la sconsiderata autopromozione di @demagistris che su Twitter si va atteggiando con #openFloridiana, quando la Floridiana è drammaticamente chiusa da mesi, se si escludono il viale centrale ed il prato davanti al museo. E cosí si preferisce sbarrare le strade piuttosto che assicurare la stabilità delle piante, possibilmente senza ucciderle. E cosí imbottiamo di cemento i piccoli parchetti di zona (ove sopravvivono) nella vana speranza che gli arzigogoli architettonici reggano l'incuria meglio dei prati non innaffiati, dei cespugli nel degrado, della sporcizia generalizzata. E cosí negli anni della grande epidemia da punteruolo rosso, si sceglieva inopinatamente di continuare a piantare le palme (tra l'altro l'albero meno ombroso del pianeta), per poi goderci di lí a pochi mesi lo squallore di quei cadaveri lasciati a marcire in pubblica piazza. E cosí la Villa Comunale, pur ristrutturata, passata la primavera, si trasforma in una polveriera desertica ai primi caldi. E cosí il parco di Capodimonte - l'unico parco di "statura" europea di questa città - riesce a malapena a nascondere nella sua magnificenza l'abbandono delle sue parti meno nobili. Una violenza per chi ha qualche parametro di paragone e s'incupisce nell'immaginarsi cosa potrebbe essere davvero cotanta meraviglia.
La verità è che non c'è verso di risvoltare, nemmeno in extremis, l'ennesimo panno sporco d'emergenza in una pezza al miglioramento civile. No, si fa sempre alla napoletana. E a Napoli se cade un albero e muore una persona, si chiudono gli alberi, magari si abbattono. Non si mettono in sicurezza, no. Perchè vale la giustificazione universale, che tutto assolve e tutto ingoia: non ci sono soldi. I soldi, quelli veri, sono destinati allo spreco, per appalto ormai divino. I fondi per la natura pubblica sono quelli del barile raschiato ad esaurimento. Perció l'abbandono è l'unica strada percorribile. Se fa vittime, beh, quello è un danno collaterale. Tanto non c'è colpa, non c'è responsabilità, mai. Si accerta, si perdona, si condona. E
tutto avanti come prima, più di prima.
Non facciamo i fatalisti, ma era già tutto scritto. Sulle facce degli ex lsu riciclati a branchi come guardiani manutentori dei parchi cittadini. Ché per curare i giardini non servono i giardinieri, bastano i disoccupati, possibilmente a decine, possibilmente trastullanti nel dolce far niente. Badate che non è un dettaglio, è l'anello rivelatore dell'andazzo generale, della infinita catena di malfunzionamenti che rende la nostra vita di napoletani impossibile. È un cane idiota che si morde la coda. Il pino è caduto, ha ucciso. Che doveva fare di piú? Ma a noi non basta: siamo cosí scemi che nemmeno con uno schiaffo cosí pesante ci svegliamo. Si transenna, si chiude. Il solito. Tanto i soldi non ci sono. Non lo sentite il tanfo dell'autoindulgenza?

martedì 11 giugno 2013

TUTTO

Umberto ha due anni e mezzo e parla un sacco. Stasera ha preso la sua valigetta di latta, ha saluto - "ao ao" - e ha fatto per uscire dalla stanza.
- Dove vai Umberto?
- Bobo va a lavoro
- ah, e che lavoro fai?
- tutto.

Tutto.
E ora chi glielo dice che suo papà a 35 anni è gia - ancora - nella fase del "niente"...

sabato 8 giugno 2013

FINALMENTE IN UNA GRANDE SQUADRA

Fategli ciao ciao con la manina, magari indicando psichiatricamente l'orologio ché il suo tempo napoletano è scaduto. Walter Mazzarri è arrivato dove voleva, "finalmente in una grande squadra" come da introduzione di conferenza stampa firmata SkySport24. Pur senza Champions, pur senza coppe. Il blasone glielo si legge nel sorriso rubizzo, nell'imbarazzo dell'amore fresco di giornata. Una roba che non ci riguarda piú, che solo a scriverne si fa la certa figura dell'ex tradito. E invece no. "Tradimento" è la parola che Mazzarri non vuol sentire, perché lo ribadisce: "Lasciare Napoli è stata una scelta a parte, già maturata all'inizio dell'anno scorso quando rifiutai il rinnovo per mancanza di stimoli". Lo stimolo è la novità. L'attesa occasione di risollevare una grande fallita dalle ceneri, di imporsi una volta e per tutte come il protagonista dell'impresa, miracolista di professione. E di farlo libero dai legacci del fairplay finanziario di De Laurentiis. C'è qualcuno lí fuori che s'è fatto arrotolare dalla retorica del pallone, in questi mesi. Rispettando le bugie di prassi, i copioni da telenovela brasiliana: "Non parlo, non dico, non so, domani giochiamo contro il Siena che è la partita della vita". Ma quel paventano anno sabatico ristrettosi poi in un weekend con le offerte pronte sul tavolo no, non ce lo siamo mai bevuti. 
Vogliamo ricordarlo cosí, Mazzarri, con il sorriso alla prima domanda milanese, che gli ricorda una carriera senza esoneri. Maremma, cosa non si sarebbe grattato. Ma è lí compunto nell'abito su misura cucitogli per la festa, e risponde con buona pace al party di benvenuto della stampa. Comincia con un suo cavallo di battaglia: "Non sta a me dirlo". E poi lo dice, ovvio: "Sono considerato un tattico", qualora qualcuno avesse dimenticato il tanto caro (suo) parallelo con Guardiola. "Sono un po' accentratore, uno di personalità, mi piace assumermi tutte le responsabilità". E noi che ormai ci alleniamo ad un futuro di risposte in spagnolo, non possiamo che ascoltare ammiccando, vorremmo tendergli una mano d'intesa: "Lo sappiamo, Walter, ti conosciamo, va bene cosí". Sappiamo che non parli mai degli arbitri, non c'è bisogno di... "Non 
parlo mai degli arbitri", ecco appunto, mo lo sanno pure a Milano. Perdonateci la lettura sbilenca, ma da queste parti di come giocherà Kovacic, o del prolungamento del ritiro a Pinzolo, non ce ne puó fregar di meno. Qui stiamo elaborando la fine di una storia di passione ed antipatia, densa come il Das. Potremmo continuare a biasimare la sua comunicazione fallimentare, la sua protervia a volte insopportabile, quel suo ego che fa provincia in tutti i sensi possibili. E invece no, qui restano i risultati. La ciccia, la sostanza. Sai che c'è? Il "tattico" che dribbla la domanda su Mourinho con "un allenatore è come un artista", quando tutto il suo calcio trasuda pane e salame, ve lo lasciamo volentieri. Quello che resiste appena un quarto d'ora prima di passare alla terza persona singolare, non ci mancherà per niente. Magari, ecco, eviteremmo a Moratti lo spreco di comprargli giovani talenti da far "maturare" in panchina come dei caciocavalli. Ma non son piú problemi nostri. Fossimo tifosi nerazzurri al primo accesso nel fantastico mondo di Mazzarrinter ci avrebbe già convinti: concetti chiari, allenamenti, fatica, resistenza, volontà, sacrificio. Niente aria fritta, niente vanvera: questo è il suo curriculum certificato. È perció che con questo pezzo, da Napoli, è tutto. Come lui stesso dice: "In ogni matrimonio c'è un inizio ed una fine". Divorzio, consensuale.

mercoledì 5 giugno 2013

L'UOMO CHE TWITTAVA PIPPIANDO

#AskADL, che quello, il presidente, finisce che ti risponde. A te, fortunato tifoso del Napoli. Proprio a te, che non hai seggiole in conferenza stampa e 30 righe sul giornale di domani. Mettici il cancelletto, che mo si porta un sacco, c'è la tweet-conferenza di De Laurentiis alla domenica pomeriggio. Per darci di braccetto e fare i fighi, comunicatori 2.0 col presidente piú online di tutti. Talmente UNO DI NOI che twitta mentre fa pippiare il ragú. È normale che poi qualche "h" in eccesso ti scappa, tipo "Marekiaro ha capito che ha Napoli c'é il mare più bello del mondo e lui ci vuole nuotare a lungo". Meno male che noi "Ha" Napoli non ci facciamo caso ai refusi, e badiamo alla sostanza. Quella peró si traduce nel solito nuvolone di fuffa polverosa. Mica v'aspettavate chissà quale rivelazione, eh? E dunque, prima e unica notizia: "La conferenza di Benitez sarà venerdì 21 giugno a Castel Volturno", l'allenatore scelto "perché ha vinto molto nella sua storia ed è un monogamo essendo stato a lungo al Liverpool". Ne sarà contenta la moglie, peró i tifosi vogliono sapere di Cavani. Ebbene da oggi sappiamo che "Cavani ha un contratto per altri 4 anni e una clausola di 63 milioni", e che "Abbiamo ricevuto offerte molto più basse della clausola". Mentre noi giornalisti "sssfastidianti" (sic) corriamo a fermare le rotative voi abbiate pazienza, che Bigon sta facendo di conto col pallottoliere in mano: "Bisogna dare il tempo di verificare attentamente che cosa si ha in casa poi guardare fuori cosa comprare". @alexyoobroo ha 14 anni e, giustamente, è preoccupato: "Possiamo sperare in un colpo di mercato che ci faccia pensare allo scudetto? Ma De Laurentiis non ha pietà dell'imberbe entusiasmo: "Lo scudetto non si conquista con un colpo di mercato ma con l'attaccamento alla maglia, un po' di fortuna e con il vostro tifo". Insomma, Alessayoobroo o come ti chiami tu, attaccati a sta maglia, va. Il fatto, signora mia, è che non c'è piú il mercato di una volta, pensate che "Senza FPF ci kdovrebbe essere un corrispondente aumento del fatturato del calcio che permetterebbe di superare i 100mln per il solo mercato". Ma il FPF, cioè il fair play finanziario, ha questo brutto vizio di esistere, e allora niente 100 milioni. Anna Trieste chiede "addo' stann' e sord 'e Lavezzi?", ma questa domanda finisce persa nei buchi della rete. Il Presidente che tutto sa e tutto conosce lavora per noi. Fiducia ci vuole, fiducia. Figurarsi, "che Mazzarri sarebbe andato via l'avevo capito 2 anni fa". A questo qui proprio non gliela si fa, c'ha la palla di vetro e puó andar nel dettaglio: "A chi mi chiede dove vedrò il Napoli tra 2-3 anni: lo vedrò andare di pari passo dove andrà l'evoluzione del mondo del calcio". Ma @robertocanone è un cronista di razza e non molla la presa: "Ha un sogno nel cassetto per questa società?". @ADeLaurentiis non regge la tensione della domanda e alla fine sbrodola: "I sogni sono belli quando non finiscono mai come per il Napoli. Il momento più bello che ho vissuto col Napoli? sono infiniti i momenti bellissimi che ho vissuto nel Napoli per estrapolarne uno soltanto. Per chi mi chiede che film vedo per il Napoli rispondo: un film assolutamente internazionale".
Yawn... Ronf... Fiii... Ronf... 
La sveglia suona quando l'uccellino fischietta un concetto fondamentale: "Il progetto Cheerleaders lo sperimenteremo con l'inizio della nuova stagione". Mo sí! E in che stadio, di grazia? Il San Paolo naturalmente, la cui ristrutturazione "è "in progress" da almeno 4 anni". Sti nuovi materiali invisibili hanno fatto passi da gigante, eh? Sono passati i giorni in cui De Laurentiis maramaldeggiava con il progetto di uno stadio galleggiante nel Golfo.
Dai, facciamo i seri. I tifosi ("che si possono solo amare") vogliono lo scudetto, e lui ci crede "certamente". Perchè è napoletano ca pummarola ncoppe: "Mio nonno era irpino, mio padre di Torre Annunziata. La mia infanzia vicino a Totò, tutti gli ultimi dell'anno passati a Napoli". Di piú: "Il ragù napoletano è il mio piatto preferito, lo sto facendo pippiare mentre parlo con voi". Pure a Los Angeles. Casa De Laurentiis in salsa Hollywoodian-popolare è un'immagine troppo bella per non chiuderci la prima tweet-conferenza del calcio italiano. Andate a scrivere giornalisti, che qua sull'internet si fa la storia. Sempre la solita storia.