C'era una volta una terra sfuggita per caso alla grande cementificazione di Napoli negli anni 50. Un pezzettino piccolo piccolo, un posto al sole scappato dall'ombra dei palazzoni del Rione Alto. La terra di mio nonno, coltivata da mio nonno. Dove mio nonno faceva il vino, e lo conservava in enormi botti di legno, in una specie di cantina buia che a me aveva sempre fatto troppa paura per scenderci. Poi mio nonno decise che andandosene avrebbe fatto cosa buona donando quei pochi lotti di verde alla adiacente Chiesa di Santa Maria di Costantinopoli. C'erano un minuscolo agrumeto, un noce secolare, persino un albero di fico. L'ingresso nella terra era scandito da un breve filare di abeti.
Ora guardate la foto. Ecco Monsignor Raffaele Ponte, l'illuminato prelato che gestisce i beni della Parrocchia, in cosa ha trasformato la "mia" terra: una stazione di servizio, un parcheggio, e un semi-deserto con tanto di abuso edilizio in atto (credo, devo controllare che non abbia i permessi) .
I ricordi, il verde, la storia, persino l'intelligenza sono chiaramente "beni non commerciali", e la Chiesa nemmeno per questo pagherà.
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