martedì 14 giugno 2011

PORRO E L'OSSIMORO DEI COSTI AMBIENTALISTI

Prendete un titolo così: "Ecco quanto ci costano le favolette ambientaliste". Magari, se avete due minuti, andate pure a leggervi il pezzo di Nicola Porro sul Giornale. E poi, se siete d'accordo con quel che scrive, fatemi un piacere: usate il vostro Passaporto. Ce l'avete un Passaporto no? Ci sono tante belle low cost, e un mondo intero da rovinare. Puntate il dito a caso sul mappamondo, e volate lì. Arrivati lì, prendete il Passaporto e un accendino. Fuoco, vamp. Grazie. A mai più. Purtroppo non ho materialmente la possibilità di finanziarvi una trasferta su un asteroide qualunque, ma un giorno forse chissà. Nel frattempo mi accontento di non avervi tra i piedi con le vostre teorie preistoriche.
Tanto per cominciare l'andazzo di buttare dentro, nello stesso concetto, ambiente e soldi può ritenersi di per sé l'origine del grande tranello. Porro, i soldi ci ammazzano ogni giorno. I tuoi miopi conti sulle tasse locali che si alzeranno dopo il referendum sono fuori tema, sei lontano anni luce dal problema vero. Sei come un bambino di sei anni che pretende di aver capito gli integrali... Non ci puoi arrivare. Sei lento, indietro, limitato. Scrivi che "il vento e il sole non sono efficienti come i combustibili fossili e l'atomo". Ma di cosa parli? Ma dove vivi? Ma di cosa ti nutri? Che cazzo respiri? Con il tuo elementare (si intenda di grado scolastico) concetto di "efficienza" qualche lettore puoi anche convincerlo, è chiaro. Blateri di numeri, parli di dané, e tutto torna: ma questa retorica da fabbrichetta del nordest, da capannone in lamiera, da stagnante pianura del profitto mediocre, è questa sì "una favoletta". Con un finale di merda, che sta scritto intorno a noi. E non ci vuole mica un genio per arrivarci. E parlo anche del vil danaro: l'economia vera, quella che guarda al guadagno futuro, punta dritto all'ambiente, alle fonti rinnovabili. E non perché ora tutti vogliono salvare il mondo, semplicemente perché la sopravvivenza sarà un affare. E tu quanto lontano riesci a guardare? Dai, prova: come davanti alla tabella dell'oculista. Dieci anni? Venti? E poi?
Il carbone, mio caro Porro, finisce prima o poi. Il petrolio si esaurisce. Le scorie radioattive, praticamente no. Ma i vasconi-bunker che il grande genio umano finora ha pensato come unica soluzione per lo smaltimento, quelli sì, che marciscono. E prima poi la merda salta fuori, in un modo o nell'altro. "Ma noi saremo già lontani", dice Guzzanti facendovi il verso. O anche no. Perché, vedi, quando la Camorra insaccava i terreni della Campania Felix di rifiuti velenosi, era esattamente questo il ragionamento: costi, benefici, efficienza. Sotto terra, e chi s'è visto s'è visto. O in mare. O nell'aria. Tanto che ce frega, i conti tornano, i Comuni non sono costretti ad alzare le tasse, il federalismo salva la faccia. Questo è il progresso. Ora, adesso, right now, 2011. Ma nel 2111 qualcuno leggerà questo pezzo di Giornale. E penseranno a noi come noi pensiamo ai contadini che un secolo fa (ma anche oggi) svendevano le proprie terre, la propria anima, il proprio futuro, per un po' di lavoro: vecchi, stupidi, ignoranti. Noi che pensiamo a riempirci le tasche, e non ci riusciamo nemmeno, pensa un po'. Fottendoci il futuro. Tanto son favolette, no?

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