Stooooop, se magna. Prima portata: aria fritta, tempura di retorica. Paola, (sì, ve ne avevo accennato) ha interrotto lo sciopero della fame. Ecco qua, leggete e commentiamo. Non posso esimermi, perché purtroppo seguo la corrente web del momento, e perché - ancora peggio - SONO ANCHE IO UN GIORNALISTA PRECARIO.
Paola ha fatto un gran casino, è riuscita a rimbalzare sulla rete (elastica una volta tanto) fino al cdr del Corriere della Sera, financo all'attenzione del Magnifico diRettore De Bortoli. Non ha mangiato per 5 giorni. Dice che ha raggiunto il suo scopo: sensibilizzare l'opinione pubblica. Su cosa? Sul precariato, o sul SUO precariato? Con 5 giorni di digiuno dice di voler "cambiare le regole" anche se "rivoluzionare il sistema è arduo". Dice ancora che "Se la mia storia diventa un esempio e spinge le istituzioni a evitare altri comportamenti del genere, avrò vinto la mia battaglia. La prima battaglia, sia chiaro. La prospettiva è di vincere la guerra". Con quali armi? "Dando voce a tutti i precari".
Ecco, siamo allo sbuffo di fumo. Un attimo e passa, l'indignazione si rarefa, i mulini a vento la soffieranno via. I suoi 15 minuti di notorietà (vabbé facciamo una settimanella?) Paola se li è beccati, e questo è drammaticamente quanto.
Battaglia, guerra... ma quante volte ancora dobbiamo sorbirci i cliché della protesta? Di cosa stiamo parlando? Per quanto ancora noi precari dobbiamo perseverare nella consolazione vicendevole per sentirci meglio? Abbiamo davvero bisogno di accumulare ancora storie? Di ammansirci con lo sperpetuo del mal comune senza gaudio?
Io non so se Paola otterrà qualcosa dal Corriere per questa campagna virtuale. Se è brava come dice glielo auguro, davvero. Quando io andrò a discutere il rinnovo del mio contratto, non sarà con Ferruccio De Bortoli. E quando diranno che il lavoro del "bravissimo" PiC lo può fare anche uno stagista a gratis, non penserò a Paola. Perché, al dunque, questo richiamo alle armi spuntate per cambiare le regole dal basso è un rimedio omeopatico, direi pure un placebo, per alleviare il nostro senso di fame quotidiano. Senza scioperi di cinque giorni, senza Pannellate che a niente servono se non a farsi ulteriormente male da soli.
Dai, chiedetemelo: e allora che si fa? Tu, PiC, che fai per cambiare le cose?
Io lavoro in questo sistema che non cambierà per me nemmeno se mi ammazzo. Fino a quando avrò finito le scorte di Plasil, utopisticamente a rincorrere chissà che sogno. Evitando, se possibile, di farmi ridere alle spalle. L'aria fritta è un pasto troppo facile e veloce, e ad un giornalista precario (almeno a me) risulta addirittura indigesto.
PiC
Forse se ti ammazzi, ma nel modo "giusto", qualcosa, qualcosina, potrebbe cambiare. Penso a Jan Palach. Uno sciopero della fame di quattro giorni è ricattatorio nel suo inizio e squalificante nella sua fine.
RispondiEliminaIl problema è che una situazione così diffusa è ben difficile possa essere risulta se non in maniera diffusa. A dire: ci vorrebbe lo sciopero della fame, o anche un solo semplice sciopero, di tutti i precari d'Italia. Mica a chiedere l'assunzione a tempo indeterminato. Basterebbe che, appunto, un precario costasse di più (e molto di più), non di meno, di un assunto in pianta stabile. Un banale dare avere.
Ma evidentemente non stiamo poi così male da sentire l'urgenza di una rivoluzione. Tiriamo a campare. Ciò è molto italiano.
Meno male che il mondo non è popolato solo di quelli come te, che l'aria fritta la producono, permettendo però a chi un po' di coraggio e di ideali li ha ancora, di mangiarla.
RispondiEliminaNon sempre blaterare di ideali significa davvero lottare per conquistarli.
RispondiEliminaEcco Domiziano scrive: ci vorrebbe un semplice sciopero di tutti i precari d'Italia.
Dai facciamolo, e io sono lì in prima linea a metterci nome e faccia.
A cosa credi che sia servito fare 5 giorni di sciopero della fame? Cosa cambierà per tutti quelli che non sono Paola?
E, tra l'altro, ci vorrebbe (ma questo è un mio parere) un po' di rispetto per chi ha scelto la misura estrema dello sciopero della fame per cose (ideali? Ti piace se li chiamo così?) molto più importanti e profonde di un "povero" precario DEL CORSERA!
@Vivila
RispondiEliminase avessi letto la storia di K (un paio di post più dietro, QUESTO NON E' UN PAESE PER...) ne potremmo parlare davvero. C'è chi fa lo sciopero della fame, e c'è chi fa la fame. E K proprio non se lo merita di veder banalizzati i suoi problemi con una ragnatela di indignazione mediatica.
Si si.
RispondiEliminaPerò il Fatto resta. Paola ha fatto qualcosa. Poco, tanto,
bene, male. Ha agito.
Tu no. Anzi, peggio ancora. La tua unica azione è una reazione, venire qui e sputtanarla. Sei un reazionario.
Servire a "poco" è sempre meglio che non servire a niente.