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lunedì 13 dicembre 2010

UMBERTO

Di solito quando mi dicono: "E' una cosa che non si può spiegare", annuisco. Ma solo con la testa. Ma quando mai, ma dai: chi ce le ha, le parole, le usa.
Poi accade questa cosa. Accade che lo vedi. Un attimo, appena. Dietro un vetro, e l'ostetrica te lo indica manco stessi riconoscendo l'assassino a CSI. E il cervello ti si inceppa. Scortica i ragionamenti. Hanno piazzato una spranga di ferro negli ingranaggi, e il clangore è così forte che i nervi s'aggrovigliano. E' mio figlio. E' MIO FIGLIO CAZZO! E ora che faccio, che dico. Come me ne esco senza "amore", "emozione", "bellissimo","cuore". Non è possibile, non è... ecco sono sfumati gli aggettivi, potrei impilare lettere a casaccio, cehwjakdcbakbweac, così. Tanto è uguale. Il punto è che in quell'attimo io sono morto e risorto. E ora sono immerso in una paura fottuta. E sono tremendamente innamorato. Ma voi lo vedete quel vuoto che c'era prima? Ora io lo vedo. E ora è pieno. Di un sacco di cose che non so che sono. E mi tengono affilato, e con i sensi spalancati. E mi sento vivo, e non so se basta essere vivi per gestire tutta questa intima meraviglia. Io... boh. Facciamo così: la prossima volta che uno vi dice che "è una cosa che non si può spiegare" fidatevi sulla parola, una parola sola: papà.