martedì 23 ottobre 2012

L'INDIMENTICABILE STORIA DIMENTICATA DI VIRGILIO MOTTA



Questa è la storia di Virgilio Motta, tifoso dell'Inter. Un tifoso strano, che faceva parte di un gruppo sì, ma di un gruppo che si chiamava "Banda Bagaj" (Banda bambini, in dialetto milanese) nato per portare anche i piccoli allo stadio. Un tifoso strano, un tifoso normale, se ci passate l’ossimoro. Un tifoso aggredito come un ultrà, che in quell'aggressione ci perde un occhio, che per quell'occhio avrebbe dovuto ricevere 140.000 euro di "danni", che quei soldi non li ha mai avuti. Un tifoso strano, che non è morto di calcio: è stato suicidato.
Sì, questa è la storia di Virgilio Motta, che il 24 maggio scorso s'è ucciso per colpa di questo Paese. “Anche” di questo Paese, va bene? Così mettiamo in conto le ovvie giustificazioni a latere. Quella di Virgilio Motta è una storia perché è un esempio perfetto di come funzionano le cose, nei giorni della puzza napoletana sdoganata sul servizio pubblico, o dei cori contro un ragazzo morto sanzionati con uno scappellotto.  Qui le cose non cambiano mai. E questa storia è un monumento alla merda stratificata nell'immobilità.
Virgilio Motta, padre di una bimba, è al Meazza per assistere al derby milanese del 15 febbraio 2009. Un gruppo di ultras milanisti cala dal secondo al primo anello per punire un gruppetto di interisti che hanno osato strappare uno striscione. Motta finisce per caso in mezzo alla rissa. Gli arriva un pugno che gli spappola un occhio.
Il 17 luglio 2009 il giudice Alberto Nosenzo condanna a pene comprese tra sei mesi di reclusione e quattro anni e mezzo di carcere sei ultras milanisti accusati, a vario titolo, di rissa aggravata e lesioni. Luca Lucci, uno dei capi storici della curva Sud, viene riconosciuto colpevole di aver sferrato il pugno. A Motta viene riconosciuta invece una provvisionale di 140 mila euro a carico dei condannati "da versare in solido". La moglie di Lucci alla sentenza urla a Motta che "i 140 mila euro te li devi spendere tutti in medicinali, maledetto infame".
Ma in Italia funziona così, la giustizia: i condannati, semplicemente, non pagano perché quei "poveretti" risultano nullatenenti. E Motta non se li può spendere nemmeno in medicine quei soldi, come pure avrebbe voluto fare. Accetta suo malgrado persino una sorta di pagamento rateale: niente. Entra in depressione, piano piano. Spesso funziona così. In silenzio. Pur andando allo stadio, ancora. Senza bambini però. I bambini no. Tre anni dura. Poi, il 24 maggio, la fa finita. Il suo legale, l'avvocato Consuelo Bosisio, dice che "le sue condizioni psicologiche sono peggiorate perché gli imputati condannati per quegli scontri non gli hanno versato i 140 mila euro che gli dovevano come risarcimento e con i quali lui voleva andare a farsi curare all'estero”.
Ma sono parole a posteriori. E l'Italia è un posto che campa solo a posteriori. E non impara mai. Per dire: il 20 settembre i capi della curva Sud del Milan vengono ricevuti a Milanello per il “solito” faccia a faccia minaccioso con i giocatori, rito che usa un po' ovunque quando le cose vanno male e le società abbassano lo sguardo di fronte alle pretese violente dei tifosi. Ecco, a Milanello c'era anche Luca Lucci, il capotifoso nullatenente che tolse l'occhio ad un padre, allo stadio. Libero, Luca Lucci.
Facciamo finta che no, i cori allo stadio di Torino e di Verona non c'entrano niente con questa triste storia. E invece è proprio lo stesso fottuto campo da gioco. Ci sta bene tutto, sempre di più. Accettiamo che non ci siano più regole morali né giustizia. Che la stratificazione dell’impotenza azzeri la memoria e disinneschi tutto. Che senza muri, senza limiti, si campi meglio. E invece si campa male. A volte i più deboli non ci campano affatto.
Perciò è morto Virgilio Motta, tifoso x  di una squadra x, che andava allo stadio con i bambini.

7 commenti:

  1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  2. Ciao a tutti,
    questa è la storia di mio padre, e ci tenevo a scrivere almeno poche righe dedicate a lui.
    Io mi chiamo Alice Motta, ho quasi 13 anni, e quando mio padre morì ne avevo 9.
    Ero ancora piccola per la verità, non che mia madre non me l'avesse raccontata, ma faticavo a capire davvero il senso di tutto ciò, ma ora che mi ritengo abbastanza matura per conoscerla pretendo che mi venga spiegata nel modo giusto...
    questo pomeriggio mi è passato per la mente, mi capita spesso e oggi ho pensato che forse non ero l'unica a cercare delle risposte o comunque a ricordarlo,anzi non mi sono dimenticata per niente tutte le sue amicizie, che divennero anche mie, che ci uniscono come una grande famiglia, quindi ho pensato di cercare in internet e ho trovato, oltre a questa breve storia che racconta solo una piccola parte della sua vita, lo dico io che sono sua figlia, anche delle foto dove ci sono anche io, non ne avevo la minima idea che esistessero, ma non mi dispiace per niente il fatto che sono postate, anzi, mi solleva l'idea di far sapere alla gente che io ci sono. Ci sono per me, ma anche, e soprattutto, per mio papà, che non se n'è andato invano,ma se n'è andato per dimostrare a tutti che questo paese può essere bello quanto volete ma quando ne hai davvero bisogno non è quasi mai presente, e comunque sia, è stato qualcuno, ha combattuto senza mollare mai le armi, ha versato tutto il suo sangue per aiutare gli altri perché nonostante tutti i suoi problemi familiari, che vi posso assicurare, non immaginate nemmeno, è sempre stato disponibile fino alla fine, quando a un certo punto non se l'è più sentita di continuare, e a mio parere aveva ragione, e non sono arrabbiata con lui per ciò che ha fatto, ma sono orgogliosa che lui ci sia stato fino a che ha potuto.
    Secondo me, ha lasciato un pezzetto di lui nel nostro cuore e nella nostra memoria, e spero che voi lo ricordiate sempre sorridente, come lo ricordo io...
    Ci sarò SEMPRE per ricordarlo, e farlo ricordare a tutti quelli che gli hanno voluto, e vogliono ancora, bene...
    Ma ricordate che anche se non lo possiamo vedere, lui ci sarà sempre nel nostro cuore e in mezzo alle nostre vite e sogni.
    Vi ringrazio di essere stati con lui...
    Alice Motta,
    figlia di una persona Speciale

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

      Elimina
    2. Ciao Alice
      Ho trovato queste tue righe cercando informazioni su tuo padre
      Non conoscevo la sua storia
      Ne sono venuta a conoscenza in questi giorni cupi, in cui colui che lo ha preso a pugni, è arrivato alla ribalta per una infima stretta di mano
      Proprio perchè mi interessa maggiormente sapere qualcosa sulle vittime più che sui carnefici, ho cercato informazioni su tuo padre
      E sono finita qui
      Ti ho letta, ho letto quello che hai scritto e sono rimasta stupefatta dalla maturità con cui scrivi di quello che ti è successo, che vi è successo
      Il tuo volerci "essere" un'esigenza così giusta
      Le parole di comprensione nei confronti di tuo padre sono un piccolo grande tesoro
      Vorrei ringraziarti direttamente
      Perchè è a te che bisognerebbe stringere la mano
      E dirti grazie, per il cuore, l'anima bella, il coraggio e la forza
      Con affetto e stima
      Irene

      Elimina
  3. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  4. Profondamente colpito da questa storia tutta italiana... Non sono un tifoso, neanche uno sportivo, mi sono imbattuto in Virgilio leggendo degli arresti per spaccio ,tra i quali il Lucci. Spero che questa storia esca fuori dal blog, è necessario conoscerla.
    Fortunato

    RispondiElimina
  5. Viviamo in una società sottosopra in cui i valori si sono capovolti, i valori veri non godono di pubblicità e ognuno li tiene dentro. Si vergognino i nostri politici e tutti quelli che come la maggior parte delle persone hanno la coscienza seppellita da una coltre di merda. Coraggio Alice la vita è ingiustizia dolore e se non sembra lo é lo stesso, secondo te quei carnefici non sono vittime di un esistenza sciagurata

    RispondiElimina

Dai, parla, esprimiti!