sabato 30 aprile 2011

RIFIUTO

Sarà un'istallazione artistica diffusa. Che inventiva, questi napoletani: migliaia di sacchetti colorati sparsi per la città, accatastati in memoria della "grande emergenza d'autunno", risolta a ripetizione e poi archiviata. Quella che ad ottobre catalizzò le scalette dei tg, quando la Libia era ancora un Paese amico e si combatteva solo a Terzigno, sotto un enorme occhio di bue ad illuminare l'indecenza nazional-popolare. Oggi la munnezza di Napoli è Napoli. Hai voglia a ribadire le cifre: sì, in strada ci sono (di nuovo) 2.000 tonnellate di rifiuti, ma in periodo elettorale i voti si contano e non si pesano. E le emergenze si scelgono con cura. Questa è risolta e punto. Non credete a quei pazzi che ancora s'indignano, a quegli idealisti che si ostinano a far recitare al napoletano della strada il copione del "che puzza, che schifo": la munnezza non esiste, si vede ma non c'è. Ci cammini dentro col passeggino, la calpesti con l'auto se ha invaso le strade, al massimo vai in arrampicata se proprio vuoi far ritorno a casa. In alcuni punti è pure bella, perché i sacchetti della differenziata frullano i colori, e anche se il nero non stanca mai, vuoi mettere una bella discarichetta arcobaleno sotto il balcone? Ogni tanto qualcuno alza la voce: a Napoli non si ricicla. "Ma quando mai? - fa un vigile urbano beccato impotente ad una protesta nel Rione Traiano - Non vedete che la munnezza è pure un'arma perfetta?". E infatti davanti a lui ci sono le donne-inceneritore, che bruciano la spazzatura e la buttano in strada contro i sigilli al mercatino rionale. A proprio uso e consumo, ma tant'è: la munnezza è un bene comune, come l'acqua, tutti la produciamo e tutti ne facciamo quel che vogliamo. Perché paghiamo le tasse, è il mantra. Perché paghiamo per un servizio che non ci viene corrisposto. Perché questa è una specie di truffa, ma "nisciuno se ne importa". 
Qui si campa per assuefazione, bisognerebbe cambiare vocabolario: le solite parole non hanno più significato. Se il procuratore della Repubblica ritorna a parlare di "emergenza sanitaria", nessuno lo ascolta più. Raccoglie dieci righe sul Mattino, ma la sedimentazione del brutto pacifica tutto. Semplicemente non ci fai più caso, anche se fa caldo, anche se arriva l'estate. Anche se le montagnole svettano davanti ai manifesti elettorali, smozzicando gli spot post-Iervolino: "Il futuro è mo'", "sindaco per Napoli", "fai vincere Napoli". Morcone, De Magistris e Lettieri hanno i cartelloni altissimi, sono fortunati. Mastella, per esempio, resta attaccato ad altezza uomo, impallato dal sacchetto: un'immagine struggente. Ma i pretendenti al trono di Palazzo San Giacomo hanno disinnescato la bomba con una pax elettorale: "Non usiamo l'immondizia come arma mediatica". Ed ecco completato il buco nero. 
Non ci sono santi, né feste comandate: questa è la realtà, anno domini 2011 e nemmeno il Cardinale Crescenzio Sepe può nulla: "Siamo ad un punto di esasperazione non più accettabile. Bisogna che le istituzioni facciano la loro parte per cancellare la vergogna". Ma non c'è bisogno di aspettare la processione di San Gennaro rovinata dal mefitico panorama: il miracolo c'è già stato, la munnezza s'è presa Napoli.

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